Torino e il Piemonte si candidano a diventare il laboratorio europeo dell’intelligenza artificiale applicata alla mobilità e alla sanità.
Il presidente della Regione, Alberto Cirio, e il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo (in collegamento video), hanno presentato a Bruxelles il dossier che propone il capoluogo piemontese come città pilota dell’Unione Europea per la sperimentazione della guida autonoma e l’intero sistema sanitario regionale come ambiente avanzato per l’uso dell’IA in diagnostica, organizzazione dei servizi e telemedicina.
Il documento – consegnato a Roberto Viola, direttore generale della DG CONNECT della Commissione Europea – mette in fila dati e infrastrutture che fanno del territorio uno degli ecosistemi più maturi in Europa sul fronte della ricerca e dell’innovazione.
La guida autonoma
La candidatura mira a ottenere un riconoscimento formale nella rete europea delle città sperimentali, permettendo a Torino di ospitare nuove fasi di test in condizioni reali, anche attraverso modelli di IA per monitorare i flussi di traffico.
«Vogliamo essere la prima città europea dove un’auto senza conducente – taxi o navetta – viaggia su strada pubblica come servizio pubblico, ampliando quanto già avviene nell’area del Campus universitario», spiega Cirio.
L’UE lancerà a breve una call dedicata alle “città e Regioni ambiziose” e, secondo il presidente, Torino e il Piemonte hanno tutte le carte in regola: competenze del Politecnico, filiera automotive, attrattività per gli investimenti e infrastrutture adeguate.
Obiettivo: arrivare già nel 2027 ad avere un servizio di mobilità autonoma simile a quello attivo a San Francisco o Denver.
Sanità: l’IA per portare diagnosi e cure anche nelle aree più lontane
Sul fronte sanitario, l’intelligenza artificiale diventa lo strumento per estendere diagnostica e monitoraggio anche fuori dagli ospedali.
«Oltre il 40% del Piemonte è territorio montano: è perfetto per la sperimentazione delle cabine di telemedicina che l’Europa vuole avviare», sottolinea Cirio.
In queste cabine – dotate di strumenti diagnostici e presidiate da operatori sociosanitari – il paziente può effettuare esami e controlli mentre un medico si collega in video da un ospedale.
Un modello che, nelle intenzioni della Regione, permetterebbe di rendere davvero capillare la sanità territoriale e garantire il diritto alla salute anche nelle zone più periferiche.
